Un paio di settimane fa ho concluso un post domandandovi se, secondo voi, le tecnologie per la stampa 3D (intese come strumentazioni che utilizzano il metodo della produzione additiva) avrebbero dovuto essere considerate una risorsa dalle immense potenzialità anche per chi opera nell’ambito della meccanica e micromeccanica di precisione.
Da quello che ho potuto constatare dalla maggior parte dei vostri commenti l’ottimismo è tanto. Credo in ogni caso che debbano essere tenuti in considerazione alcuni fattori importanti, principalmente legati al tema dei progressi tecnologici.
Per come la vedo io, infatti, la risposta alla mia domanda iniziale non può essere semplicemente un sì o un no. È molto probabile che l’additive manufacturing (AM) sia davvero il futuro, ma affinché ciò possa accadere realmente, penso debbano essere affrontate e risolte ancora alcune criticità.
A partire, ad esempio, dai tempi di produzione, oggi ancora troppo alti. Oppure dal volume di lavoro, poiché attualmente si possono produrre solo pezzi di dimensioni limitate (parlando ovviamente di strumentazioni a costi contenuti) e questo, com’è facile immaginare, limita non poco gli sbocchi applicativi.
Un’altra questione che credo non debba essere sottovalutata è quella dei costi. Il prezzo delle strumentazioni per l’additive manufacturing oggi è ancora ‘importante’ e diventa inevitabilmente una barriera all’ingresso all’adozione di questa tecnologia, soprattutto se a questo si aggiunge il problema di accesso ai finanziamenti da parte delle imprese, un tema che purtroppo ricorre costantemente indipendentemente dall’argomento trattato.
Quindi velocità di lavorazione, accuratezza dimensionale e costi. Tre elementi importanti a cui se ne aggiungono altri due ugualmente significativi. Da un lato, infatti, vanno tenuti fortemente in considerazione i progressi fatti nell’ambito dello studio e della realizzazione di nuove polveri. Molti dei fattori che concorrono ai progressi di una tecnologia come quella dell’additive manufacturing sono infatti nelle mani di chi progetta e produce le polveri.
Dall’altro lato, invece, deve essere considerata la questione della proprietà intellettuale. Nel momento in cui si progetta un pezzo e si decide realizzarlo con l’AM, lo si deve far fare a chi ha un know how di questa tecnologia, che, per il più delle volte, è uno studio o una figura esterna che possiede necessariamente anche un know how di progettazione. Ecco quindi che chi ha disegnato il pezzo si trova a dover condividere il progetto con altri.