Cosa pensate del posto fisso?

Cosa pensate del posto fisso? Torno a parlare di lavoro e occupazione e in particolare della mancanza di stabilità dei contratti di lavoro. Ho notato infatti che sono in molti a lamentare il fatto che è sempre più difficile trovare un posto fisso, un lavoro a tempo indeterminato. Si tratta però di una polemica che onestamente mi lascia un po’ perplesso.
Ma prima di spiegarvi perché, faccio una precisazione: non mi riferisco assolutamente a tutte le questioni relative all’iniquità dei compensi o all’inadeguatezza dei contratti, né tantomeno alla carenza di tutele da parte dello Stato a cui chi non ha certi tipi di contratto purtroppo si trova quotidianamente a dover far fronte. Queste infatti sono considerazioni più che lecite!
Mi riferisco invece a chi si ostina a ritenere che il posto fisso debba essere tutelato in senso assoluto, sempre e comunque e a prescindere da tutto il resto.

Come ho già detto più volte, il settore della meccanica sta cambiando in maniera sempre più repentina e questo non può che ripercuotersi inevitabilmente anche sul mercato del lavoro e sul posto fisso.

Da tempo in MICROingranaggi riceviamo commesse che rendono l’andamento del nostro lavoro piuttosto altalenante. Molte di esse, per esempio, necessitano dell’operatività di personale extra rispetto all’organico aziendale. In casi come questi il rischio è di assumere persone per quella specifica commessa, senza poterle più ricollocare una volta conclusa. E la conseguenza è che diventino un peso per l’azienda intera, un costo che rischia di mettere in difficoltà tutta la struttura (persone che ci lavorano incluse).

Quindi, siccome il mondo del lavoro sta andando sempre di più in questa direzione, la flessibilità dei posti di lavoro non sempre deve essere vista come uno sfruttamento dei lavoratori per un tornaconto economico dell’impresa o dell’imprenditore (ovviamente con tutte le eccezioni del caso): può anche essere un bisogno di adattamento alle necessità di un contesto lavorativo che è cambiato.

Io sono infatti dell’idea che tra qualche anno il cosiddetto posto fisso non ci sarà più e la gente dovrà rendersi conto che continuerà comunque a lavorare. Esattamente come già accade in molte parti del mondo e gli Stati Uniti ne sono un esempio eclatante.

Tornando alla situazione italiana, vi voglio fare un esempio pratico. In MICROingranaggi ci sono delle macchine che lavorano su turni di 12 ore, il che significa che per la metà del tempo sono ferme. Senza fare investimenti aggiuntivi in termini di macchinari sarebbe possibile incrementare la produttività per sopperire a eventuali picchi di richieste del mercato semplicemente aumentando le ore di lavoro. Ma non è così semplice come sembra.

Mentre le emergenze o i picchi di un paio di settimane possono essere tranquillamente risolte internamente con gli straordinari, le commesse che hanno durata più lunga (sei mesi, uno o due anni) sono molto più complesse da gestire. Il personale di cooperativa (che da un punto di vista contrattuale potrebbe essere la soluzione migliore) non va bene, perché per legge non può lavorare sulle macchine. L’assunzione a tempo indeterminato di operatori o tecnici neppure, per le ragioni accennate all’inizio di questo articolo: se poi non riesco a sostituire quella commessa, il personale neo-assunto diventa un costo per la mia azienda mettendone a rischio l’intera struttura.
La soluzione migliore (l’unica possibile) sarebbe quella di assumere figure professionali a tempo determinato. Questo però finisce per scontrarsi con il punto di vista di chi – come dicevamo all’inizio – difende ostinatamente il “posto fisso in senso assoluto”.

E quindi? Quindi tante aziende si spostano all’estero dove la gestione del lavoro è diversa. Altre si trovano costrette a rinunciare a possibilità o commesse. E tutto questo finisce inevitabilmente per ripercuotersi sull’economia del nostro paese e sul tasso di occupazione.

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